” ZO’E'” – Il popolo dell’utopia possibile

di Angelo Bonelli

Il popolo Zo’è è uno dei 38 gruppi indigeni che vivono isolati nella foresta amazzonica. Sono conosciuti agli antropologi come l’ultimo popolo indios “intatto” dell’Amazzonia.
Zo’è nella lingua indios Tupi significa Noi, quindi popolo Noi.
Vivono in un’area montagnosa situata a Nord-Est dello stato del Parà nell’Amazzonia Brasiliana, e parlano un idioma della famiglia Tupi-Guarani; sono stati conosciuti agli inizi degli anni 90 come uno degli ultimi popoli indios ad entrare in contatto effettivo con la società occidentale. Dal 1997 nell’area dove vivono gli Zo’è il Funai (organismo del governo brasiliano di tutela degli indos isolati) ha realizzato un presidio di controllo. Da oltre sei anni in quel presidio vive Johao, un brasiliano, che insieme a sua moglie controlla, “armato” solo di una radio, che nell’area dove vivono gli Zo’è non vi siano invasioni d’occidentali alla ricerca d’oro e diamanti o di legname. Dal 23.04.2001 le terre dove vivono gli Zo’è sono state demarcate istituendo una riserva dall’estensione di 624.000 ettari che inizialmente avrebbe dovuto avere una superficie di 2,1 milioni di ettari.Ho incontrato gli Zo’è nelle loro terre, cosa molto difficile, grazie al ruolo di una Ong brasiliana Saude e Alegria (salute e allegria). Questa Ong svolge un ruolo prezioso e stategico a Santarem nello stato del Parà nell’assistenza socio-sanitaria delle comunità riberinhe caboco (una popolazione meticcia – un misto tra indios e popolazione nera), che vivono lungo il fiume Tapajos (affluente del Rio delle Amazzoni). Da quando opera in quell’area l’Ong Saude e Alegria la mortalità infantile è stata ridotta del 75% e -cosa importante- il suo intervento ha disincentivato l’abbandono della foresta. Ha insegnato loro come si possono utilizzare i prodotti della foresta, come potabilizzare l’acqua, li ha organizzati in modo comunitario e la loro presenza rappresenta un ostacolo forte per i madereiros (tagliatori d’alberi) e i sojero (coltivatori di soia) alla distruzione della foresta.
Parlavano degli indios Zo’è come del popolo dell’utopia possibile dove l’infelicità è sconosciuta e l’organizzazione gerarchica non esiste, un popolo che vive in totale armonia con la foresta. Un popolo indios entrato in contatto solo da pochissimi anni con persone occidentali e totalmente differente dalle comunità caboco di cui si occupa Saude e Alegria, che hanno costanti rapporti con le realtà urbane. Gli Zo’è sono totalmente isolati e vivono alle stesse condizioni di come vivevano millenni fa. Per raggiungerli, dopo essere stati autorizzati dal governo brasiliano, si parte dall’aeroporto di Santarem e con un piccolo aereo a quattro posti, dopo un’ora e quaranta di volo in direzione Nord verso il confine con il Suriname, si atterra su una pista lunga non più di 500 metri. Subito ci sono loro gli Zo’è. Si avvicinano ti accolgono con un sorriso e ti dicono ” auhanne” che in lingua Tupi significa come ti chiami. Ti toccano in ogni parte curiosi di verificare se tra i nostri corpi e i loro possano esservi differenze. Impossibile non rimanere sedotti dalla loro cortesia, affettuosità e non è raro vedere chi, colto da momentanea tristezza sia assalito da bambini, donne, uomini e anziani che con il solletico cercano di rianimare la felicità di chi pochi minuti prima l’aveva persa. La loro allegria, serenità e cordialità sembra a noi così strana, irreale ad un primo impatto, ma poi ti conquista e comprendi quanto questo popolo sia un’unica cosa con la foresta. I contatti, seppur rari, tra persone provenienti dal mondo occidentale e gli Zo’è impone loro una protezione epidemiologica da malattie che mentre per noi sono ormai del tutto innocue per loro sono mortali come una semplice congiuntivite o influenza. Nella metà degli anni 90 dopo i contatti, seppur intermittenti, con persone bianche gli Zo’è subirono forti epidemie: nel 1998 la popolazione indios si ridusse a 130 unità, mentre ora grazie ad un processo di recupero demografico e contano una popolazione di 208 unità.
Oggi una minaccia grave pesa sul futuro e la sopravvivenza di questo popolo. Sono i cercatori d’oro e diamanti, i coltivatori di soia delle grandi multinazionali (americani e giapponesi) come la Cargill, i tagliatori di alberi alla ricerca di legname; infatti, a trenta chilometri dalla riserva degli Zoè la foresta brucia. Centinaia di fuochi accessi dai sojero e dai madereiros: bruciano la foresta, la tagliano e coltivano la soia. Enormi navi cisterne caricano la soia coltivata e il legno tagliato e solcano i fiumi affluenti del rio delle Amazzoni per raggiungere le segherie e i depositi di stoccaggio. La riserva degli Zo’è inesplorata, è ormai sotto l’attenzione di questa selvaggia e criminale avanzata che distrugge tutto e tutti. Questo paradiso naturale, questo patrimonio culturale, queste persone rischiano di sparire, di essere eliminati senza che il mondo intero sappia nulla e la comunità internazionale possa essere messa nella condizione di poter aiutare questo popolo. Il processo di occupazione e sfruttamento selvaggio del territorio amazzone ha sterminato la maggior parte della popolazione nativa della foresta. Diversi popoli indios impotenti di fronte alle invasioni, e resistendo con forza alla distruzione della foresta, si sono addentrati in aree remote della foresta amazzonica avviando un processo voluto e radicale di resistenza. Molti di questi popoli si estingueranno senza che la loro esistenza possa essere conosciuta. Aspetti fondamentali della loro cultura originale e della loro società sono stati perduti o compromessi da questo processo di fuga permanente.

Nel 2002 25.000 Km quadrati di foresta amazzonica sono stati distrutti, una superficie equivalente alla Sicilia, mentre negli ultimi 25 anni sono stati distrutti 55 milioni d’ettari di foresta. Se non si invertirà radicalmente questa tendenza entro il 2040 tre quarti della foresta saranno trasformati in savana semi-arida e l’Amazzonia non sarà più ( oggi forse già non lo è) il polmone del mondo perché le parti più colpite dalla distruzione emettono più anidride carbonica di quanta ne assorbono.
Il popolo degli Zo’è ha un sogno: poter attraversare le sue frontiere con tranquillità e senza ostilità e poter continuare a vivere nelle loro terre in sicurezza.
Come Verdi siamo impegnati nel lanciare un appello ed una mobilitazione internazionale per tutelare le popolazioni indios e la foresta dell’Amazzonia, ed impedire una vera catastrofe ecologica ed umanitaria. Va fermata questa avanzata distruttiva coinvolgendo gli organismi internazionali ed i governi anche attraverso proposte innovative come quella del credito al carbonio. Interventi economici internazionali a sostegno dei paesi che fermano la deforestazione per dare ossigeno al pianeta e tutelare i suoi abitanti compresi gli indios.

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