Tour dei Castelli Romani

Un viaggio sulle colline romane per eccellenza, ricco di storia, tradizioni e natura. Non avrete mai conosciuto Roma se non conoscete i Castelli Romani.
GROTTAFERRATA
l’esistenza di Grottaferrata come centro abitato inizia con la nascita, nel 1004, dell’ Abbazia di San Nilo, sul terreno donato ai monaci basiliani dal Conte di Tuscolo. Il nome stesso di Grottaferrata si deve al criptoportico di una villa romana, protetto da un cancello (da cui la denominazione di Crypta Ferrata) sui resti del quale l’Abbazia venne edificata.

ABBAZIA DI SAN NILO
L’Abbazia, conosciuta anche con il nome di Santa Maria di Grottaferrata e consacrata nel 1024 dal Pontefice Giovanni XIX, ospita religiosi Basiliani che seguono il rito bizantino, proprio della Chiesa di Costantinopoli. Il Monastero venne fondato circa 50 anni prima dello Scisma d’Oriente e dopo di esso il cenobio criptense si mantenne sempre fedele alla Chiesa di Roma, dunque i cattolici possono partecipare al rito bizantino celebrato nell’Abbazia di San Nilo ed accostarvisi ai Sacramenti. La progettazione del Castello Roveriano venne affidata probabilmente agli architetti Antonio da Sangallo e Baccio Pontelli. Attualmente si conserva ancora il portone principale decorato da bassorilievi celebrativi, che all’epoca era dotato di ponte levatoio. All’interno dell’Abbazia, si trova anche un Museo Archeologico, che conserva una ricca collezione di reperti.

CATACOMBE AD DECIMUM
Come indica chiaramente il loro nome, le catacombe si trovavano al decimo miglio dell’antica via Latina. Sono tra le più note della zona per l’ottimo stato di conservazione delle due gallerie scavate nel tufo e con soffitto a botte, che si diramano in bracci minori per un totale di 225 metri. Le due gallerie presentano un dislivello di circa un metro, per questo sono chiamate catacombe a doppio piano continuo. Da notare sono le lastre marmoree poste a chiusura dei loculi, distinte da epigrafi e graffiti, modesti, che indicano il carattere povero della costruzione.

ROCCA DI PAPA
Il territorio rocchigiano era già stato abitato fin dal I millennio a.C.: Monte Cavo era infatti l’antico Mons Albanus sacro ai Latini, sulla cui vetta sorgeva il tempio di Giove Laziale. All’antico nucleo abitato, che vanta centinaia di anni di storia, fu dato il nome di Rocca di Papa in onore di Papa Eugenio III. Per la sua posizione Rocca di Papa fu la più potente fortezza medievale della campagna romana. Dietro la Fortezza, si estende l’altopiano dei Campi D’Annibale, nome attribuibile all’accampamento del generale Annibale, e i suoi elefanti, avvenuto in questa zona, prima di procedera con la sua avanzata cartaginense verso Roma.

SANTUARIO DELLA MADONNA DEL TUFO
Edificato all’inizio del Cinquecento per ricordare un miracolo accaduto nel Medioevo. La leggenda narra che un grosso masso di tufo, staccatosi dalle pendici di Monte Cavo, stesse per schiantarsi sul paese di Rocca di Papa. Un viandante accortosi del pericolo implorò la Madonna e il macigno si fermò a pochi metri dal viandante. Per ringraziare la Madonna il miracolato fece costruire una cappella, divenuta in seguito meta di pellegrinaggi.
Caratteristico del santuario è il soffitto a cassettoni di legno e la Madonna scolpita nel blocco di Tufo.

FORTEZZA PONTIFICIA
Sorta sul sito di un santuario prima latino e poi romano, aspramente contesa in passato, la Fortezza Pontificia di Rocca di Papa è oggi un sito archeologico di grande valore.
La Fortezza fu fatta erigere alla fine del XII secolo da Papa Eugenio III e mantenne il suo ruolo difensivo per quasi quattro secoli, e cioè fino a quando Papa Paolo III Farnese ne ordinò la demolizione. Da quel momento la Fortezza fu utilizzata come cava di materiali da costruzione.

VIA SACRA
Nel verde dei boschi che circondano Rocca di Papa, la Via Sacra del VII secolo a.C. portava al tempio di Giove Laziale su Monte Cavo. Aveva inizio al XII miglio della Via Appia e, costeggiando le rive del Lago Albano, si inerpicava fino al Tempio. Qui ogni anno si radunavano le popolazioni della Lega Latina per celebrare le Feriae Latinae, feste religiose dedicate a Iuppiter Latiaris, al quale veniva sacrificato un toro bianco. All’esterno della via sono visibili i “crepidines”, marciapiedi in pietra di peperino. La Via Sacra domina un panorama imponente e da una sua caratteristica terrazza, detta popolarmente “occhialone”, è possibile ammirare contemporaneamente i due laghi, Albano e di Nemi.

MARINO
Il territorio di Marino fu abitato, fin dalla preistoria, da popolazioni stanziatesi intorno all’area dei laghi e dei Colli Albani, come testimoniano i resti qui rinvenuti. Nel periodo romano l’odierna Marino era chiamata Castrimoenium e da esso partiva un acquedotto che assicurava parte del rifornimento idrico a Roma. Successivamente sul territorio si insediarono i Caetani – scomunicati nel 1399 da Papa Bonifacio IX – che poi nel 1419 vendettero Marino ai Colonna.
La nobile famiglia arricchì la cittadina di nuovi monumenti, ma la utilizzò di frequente come base militare, causandone più volte la distruzione.

BASILICA DI SAN BARNABA
La chiesa, che venne edificata per volere del Cardinal Girolamo Colonna su disegno di Antonio del Grande. L’interno è articolato in una pianta basilicale a tre navate, quella centrale è coperta da una volta a botte lunettata, quelle laterali da volte a botte ortogonali. Sei lunette della navata centrale e le finestre della lanterna nella cupola assicurano l’illuminazione naturale all’edificio. All’interno si trovano: l’altare della Madonna del Popolo dove si venerava un’immagine forse proveniente da Costantinopoli; il Martirio di San Bartolomeo del Guercino, accanto all’omonimo altare; il Martirio di San Barnaba attribuito a Bartolomeo Gennari, della scuola del Guercino; il fonte battesimale del settecento; la statua di Alessandro Algardi raffigurante Girolamo Colonna, posta dentro una nicchia sopra al coro.

CASTEL GANDOLFO
Castel Gandolfo è comunemente chiamata la Città del Papa, in quanto ospita la residenza estiva del Romano Pontefice. Secondo alcuni storici il sito dell’odierna Castel Gandolfo coinciderebbe con il luogo ove sorgeva l’antica capitale della Lega Latina, la città di Alba Longa la cui supremazia venne eclissata dall’ascesa di Roma.
Risale ai primi anni del 1200 la costruzione di un castello dei Gandolfi nell’antico villaggio di Cuccuruttus (nome del borgo in epoca medievale); la proprietà del castello passa poi ai Capizucchi e infine ai Savelli. Il 20 settembre del 1870, la presa di Porta Pia determina la fine dello Stato Pontificio e la residenza di Castel Gandolfo viene abbandonata dai papi fino al 1929 quando, con i Patti Lateranensi, Benito Mussolini concede Palazzo Pontificio e le ville attigue al nuovo Stato della Città del Vaticano.

PALAZZO PONTIFICIO
Eretto tra il 1624 ed il 1626 per volere di Papa Urbano VII Barberini e su progetto di Carlo Maderno. Il Palazzo Pontificio venne realizzato sul sito occupato dal Castello dei Savelli; al completamento dell’edificio partecipa anche Gian Lorenzo Bernini che realizza presso i giardini un portale oggi non più esistente e collabora alla realizzazione di un’ala.
I giardini delle tre residenze costituiscono il Parco delle Ville Pontificie; all’interno della splendida e curatissima area verde è posta la Specola Vaticana, l’Osservatorio Astronomico, e vi sono ubicati i resti della Villa dell’Imperatore romano Domiziano, di cui si sono conservati un grande criptoportico, i resti di un teatro e diverse esedre, nonché qualche tratto stradale ricoperto dall’originale basolato.

NINFEO DORICO
E’ il primo sito archeologico che s’incontra scendendo dal centro di Castel Gandolfo verso il Lago Albano lungo Via Gramsci. Originariamente era inglobato all’interno della Villa di Domiziano, ma oggi si trova isolato dagli altri monumenti della vasta residenza imperiale che si estendeva intorno al lago. Scavato all’interno del cratere lacustre, esso è rivolto verso il monte Cavo. Il Ninfeo Dorico fu scoperto all’inizio del XVIII secolo e secondo molti studiosi non è da attribuirsi all’epoca di Domiziano, ma si tratterebbe di uno dei sacrari eretti in onore delle antiche divinità di Albalonga e descritti da Cicerone.
Sotto al timpano vi era il vero e proprio motore dello stupendo gioco d’acqua ottenuto tramite cascate e cascatelle, canali e canalette che venivano alimentati da uno degli acquedotti che solcavano il cratere Albano e da una serie di cisterne e condotti idrici posti dietro alla parete centrale di fondo.

EMISSARIO DEL LAGO ALBANO
Si tratta di un condotto artificiale lungo 1800 metri che ha inizio sulla costa occidentale del Lago Albano e termina in località Mole di Castel Gandolfo.
Secondo lo storico Tito Livio fu costruito fra il 398 ed il 397 a.C., per rispondere ad una profezia che aveva predetto la vittoria di Roma su Veio se le acque del Lago Albano fossero giunte sino al mare. Probabilmente fu sviluppato su di un precedente scavo del VI secolo a.C., nato per regolare il livello dell’acqua del Lago. Il lungo cunicolo parte da una grande stanza dove si trovano le paratie di regolazione del deflusso delle acque, e dopo un decorso articolato ed areato da diversi pozzi sbocca nel fiume Tevere sotto forma del cosiddetto Fosso dell’Acqua Acetosa. Essendo tuttora funzionante, viene utilizzato anche per irrigare i campi del versante nord-occidentale del lago.

ALBANO
In seguito allo stanziamento del popolo degli Albani sulle rive del lago (XI secolo a.C.) vi fu il vero popolamento del territorio. Secondo la tradizione la città sorgerebbe sul luogo dell’antica Albalonga. Ascanio, figlio dell’eroe troiano Enea, fondò la città di Albalonga all’incirca verso la seconda metà del XII secolo a.C.; in seguito alla fondazione di Roma ed al crescere della sua potenza, le due città divennero nemiche. La leggenda narra che, per evitare inutili spargimenti di sangue, i re decisero di far combattere tra loro tre campioni di Albalonga contro tre campioni della città di Roma. Gli Albani scelsero i fratelli Curiazi, i Romani gli Orazi. Grazie all’astuzia i Romani vinsero il combattimento e la città di Albalonga cadde sotto il dominio di Roma.

ANFITEATRO ROMANO
La monumentale costruzione presenta una forma ellittica ed è stato realizzato con diverse tecniche murarie, sia scavando nel banco roccioso, sia con costruzioni in muratura, su un terreno posto in forte pendenza. Della cavea rimane poco, mentre è possibile distinguere il podio imperiale (pulvinar). Nel medioevo è divenuto cava di materiali da costruzione e successivamente è stato trasformato in un luogo di culto ed in un cimitero cristiano, come testimoniano i loculi per sepolture e i due oratori rinvenuti.

CHIESA DI SAN PIETRO
La Chiesa di San Pietro, situata lungo il corso principale di Albano, venne edificata su commissione di Papa Ormisda (514-523 d.C.) utilizzando una grande aula delle retrostanti terme di Caracalla. Non possiamo trascurare il pregio degli affreschi visibili, come la Vergine del Segno del periodo bizantino (XIII-XIV secolo), situato in una nicchietta, e quello raffigurante Santa Margherita e Sant’Onofrio (XIII-XIV secolo d.C.); e la grande pala d’altare, attribuita al Tiziano, raffigurante la consegna delle chiavi a San Pietro e gli stendardi (XVI secolo).

VILLA IMPERIALE
La Villa Imperiale – i cui resti sono oggi visibili nel Parco Comunale – venne costruita da Pompeo Magno tra il 61 ed il 58 a.C., grazie al bottino proveniente dalla guerra mitridatica. Dopo la morte di Pompeo venne ereditata dal figlio Sesto ed in seguito entrò nel patrimonio dell’Imperatore Augusto e dei suoi successori. I resti della villa sono all’interno della Villa Doria, giardino comunale, parte dei ruderi possono essere visti percorrendo i viali della villa.

MUSEO CIVICO
Il Museo Civico di Albano è stato fondato nel 1975 ed ha sede dal 1983 all’interno di Villa Ferrajoli, un imponente palazzo in stile neoclassico, immerso in un parco di pini secolari e di splendide magnolie. Reperti di grande pregio sono costituiti dalla testina policroma di un guerriero latino dell’età arcaica (V secolo a.C.), e dall’altorilievo templare in terracotta che rappresenta la danza di menadi e satiri. All’interno delle altre sale troviamo reperti provenienti dalle antiche ville, come la Villa Imperiale che fu di Pompeo Magno, la Villa Romana di Cavallacci (testa marmorea di Tiberio Gemello) e la Villa presso Cancelleria (testa di Faustina Maggiore). I Musei Civici di Albano costituiscono una rete museale comprendente anche il Museo della Seconda Legione Partica, i Cisternoni, l’Anfiteatro, le Catacombe di S. Senatore, la chiesa di Santa Maria della Rotonda.

TERME DI CARACALLA
Commissionate da l’Imperatore Antonino Caracalla, come atto pacificatore nei confronti dei legionari di Albano: questi erano infatti in rivolta in seguito all’assassinio del fratello dell’Imperatore, Geta, al quale l’esercito aveva giurato la stessa fedeltà dovuta all’Imperatore. L’impianto venne trasformato in roccaforte nel Medioevo, e successivamente la struttura venne occupata da abitazioni civili; ad oggi è possibile ammirarne l’imponenza quasi nella sua interezza, sul retro della centralissima Chiesa di San Pietro. L’impianto termale è stato realizzato in opera cementizia, ricoperto da una cortina laterizia di colore rossastro, e presenta una pianta quadrangolare, sulla quale si ergono torri-contrafforti negli spigoli.

MUSEO DELLA SECONDA LEGIONE PARTICA
La sede che ospita il Museo della Seconda Legione Partica occupa significativamente uno spazio delle antiche Terme di Caracalla di Albano. All’interno delle sale sono esposti: gli abbigliamenti e gli armamenti dell’epoca, ottenuti grazie ad una ricostruzione di archeologia sperimentale.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA ROTONDA
Il Santuario di Santa Maria della Rotonda ad Albano Laziale sorge su di un antico ninfeo della Villa di Domiziano, interessante precedente architettonico del Pantheon di Roma. Fu consacrata nel 1060, anche se il suo utilizzo ecclesiastico risale già al IX secolo. L’edificio, che all’esterno si presenta a pianta quadrata, all’interno presenta una pianta circolare resa irregolare da quattro grandi nicchie poste agli angoli, che ospitavano altrettanti bacini di fontane, ed è sormontato da una cupola. Quest’ultima presenta un’apertura centrale, che permetteva l’illuminazione della vasca centrale, dove venivano raccolte le acque piovane. Il campanile romanico fu costruito nel 1316. Gli altari del Santuario sono ricavati da frammenti di trabeazioni marmoree romane del III secolo d.C. provenienti dall’accampamento severiano.

LA CATACOMBA DI SAN SENATORE
La Catacomba di San Senatore si trova al di sotto dell’area occupata in superficie dal convento e dalla chiesa di Santa Maria della Stella ad Albano Laziale. L’ipogeo cristiano fu realizzato all’interno di una cavità precedentemente utilizzata per l’estrazione della pozzolana; l’uso del sito a scopo funerario e culturale sembra iniziare intorno al III secolo d.C., per arrivare fino al XII secolo. Nella cripta centrale sono presenti iscrizioni sepolcrali pagane e cristiane e diversi affreschi, come quello che raffigura Cristo tra gli sponsores ed i martiri, e quello che rappresenta San Senatore titolare della Catacomba.

SEPOLCRO DEGLI ORAZI E CURIAZI
Il Sepolcro (o Mausoleo) degli Orazi e Curiazi di Albano Laziale è situato al limite meridionale del centro abitato. La tradizione locale lo ricollega ai guerrieri Orazi e Curiazi, ma storicamente è più verosimile considerarlo una ricostruzione della tomba di Arunte (condottiero etrusco), da parte dell’antica famiglia Arrunzia che aveva possedimenti in zona.
Nel 1812 Antonio Canova, in qualità di Ispettore Generale delle Belle Arti dello Stato Pontificio, incaricò Giuseppe Valadier e Paolo Provinciali di eseguire il restauro del mausoleo.

CISTERNONI
La grande cisterna, detta comunemente Cisternoni, venne progettata dagli architetti della Seconda Legione Partica intorno al 202 d.C., per garantire il rifornimento idrico ai Castra Albana ed alle abitazioni circostanti. Era alimentata da due acquedotti che captavano l’acqua da sorgenti poste lungo il fianco del cratere del lago di Albano. La sua importanza è data non solo dalle dimensioni, potendo raccogliere fino a 10.000 metri cubi di acqua, ma anche dal fatto che è tuttora funzionante. I Cisternoni sono ubicati nel quartiere S. Paolo, nel settore Nord-Est dell’antico accampamento.

ARICCIA
Ariccia sorge lungo la Via Appia, a metà strada fra i laghi Albano e di Nemi, ed è caratterizzata dal punto di accesso costituito dal monumentale Ponte di Ariccia, da considerarsi una tra le più importanti opere di ingegneria del XIX secolo. L’attuale Comune si è sviluppato intorno all’originario Borgo medioevale, costruito su uno sperone roccioso che si affaccia verso la boscosa Valle Ariccia, antico bacino lacustre prosciugato dove si trovano i resti della città latina di Aricia, che oggi ne testimoniano l’antichissima storia. L’antica Aricia preromana era la città a capo della Lega Latina e sul suo territorio, che all’epoca comprendeva anche il lago di Nemi, sorgeva il santuario di Diana Nemorense, sede religiosa della confederazione dei popoli laziali.

PALAZZO CHIGI
Originariamente la costruzione del Palazzo si deve ai Savelli, che lo edificarono all’incirca nella seconda metà del ‘500, sulle antiche vestigia dell’acropoli romana, accanto all’antica Porta Napoletana. Il salone del piano nobile appartiene a questa fase cinquecentesca, come attesta il camino in peperino decorato da cariatidi, e le paraste imponenti del fronte principale che affaccia sul cortile. Nel 1661, in seguito all’acquisizione di Ariccia, la famiglia Chigi si occupò del riassetto urbanistico, ristrutturando anche il Palazzo, la piazza della Corte, e la Chiesa dell’Assunta. L’esterno del palazzo è esaltato dal magnifico Parco del XVI secolo, ricco di esemplari pluricentenari dell’originaria vegetazione della zona, ma anche di piante esotiche importate dai Chigi, come le sequoie americane.
Nato originariamente come Barco, cioè spazio destinato alla caccia, diventerà successivamente – grazie all’opera del Bernini e del Fontana – uno splendido giardino pittoresco. All’interno è conservata ancora l’Uccelliera costruita dai Savelli nel 1628, ed il monumento di Tiberio Latinio Pandusa, che venne riposizionato nel 1997.

CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA
Ultimo capolavoro di Gian Lorenzo Bernini – che ne progettò ogni dettaglio compresi gli arredi – la chiesa venne costruita a partire dal 1662 e consacrata il 16 maggio 1665 dal Cardinale Flavio Chigi, alla presenza del Papa Alessandro VII, committente dell’opera.
La pianta rotonda e la forma della cupola con occhialone e lanterna, richiamano il modello architettonico del Pantheon romano, probabilmente per desiderio di Alessandro VII.
L’abside è affrescato dal capolavoro del Borgognone, l’Assunzione al cielo della Madonna, nelle cappelle, altri dipinti degni di nota sono il S. Tommaso da Villanova di Raffaele Vannini, La Sacra Famiglia di Ludovico Gimignani, S. Antonio da Padova di Giacinto Gimignani, S. Francesco di Sales del Taruffi, la SS. Trinità con Agostino di Bernardino Mei, S. Rocco di Alessandro Mattie.

SANTUARIO DI SANTA MARIA DI GALLORO
Luogo di culto particolarmente caro ai cittadini di Ariccia, che si trova alla periferia sud-est della cittadina, lungo la Via Appia verso Genzano. La costruzione del Santuario iniziò nel 1624 per il volere di Paolo Savelli, con il consenso di Papa Urbano VIII, in seguito al ritrovamento nei dintorni di un’immagine della Vergine, da parte di un ragazzo toscano residente ad Ariccia. Dopo all’assunzione al soglio pontificio di Alessandro VII Chigi, la Chiesa venne risistemata da Gian Lorenzo Bernini, a cui vengono attribuite anche la facciata e le decorazioni interne della cupola. La pianta a croce latina, presenta un’unica navata, e sei cappelle laterali. L’altare maggiore mostra l’immagine della Madonna di Galloro. Qui, nel 1716, Papa Clemente XI fece traslare le reliquie di San Clemente.

GENZANO DI ROMA
Il paese sorge intorno ad una torre edificata per volere dei Gandolfi intorno all’anno 1000 tra Via Appia ed il lago di Nemi. Nel 1153 Papa Anastasio IV cede il territorio ai monaci cistercensi dell’Abbazia di Sant’Anastasio alle Acque Salvie, che nel 1255 vi costruiscono il castello, attorno a cui poi si sviluppa, a poco a poco, il centro abitato. Per più di un secolo i monaci conservano l’incontrastato comando del territorio, fino al 1378, anno in cui iniziano per Genzano burrascosi passaggi di proprietà. Nel Seicento il paese vive un periodo di floridezza e di splendore grazie a Giuliano III Cesarini: vengono tracciate le Olmate, tre lunghi viali fiancheggiati da olmi.

PALAZZO SFORZA-CESARINI
Il Palazzo, insieme all’attiguo Parco Sforza-Cesarini costituisce l’elemento principale del patrimonio culturale di Genzano. Acquistato nel 1564 dai Cesarini, probabilmente all’inizio costituiva una semplice articolazione del recinto fortificato, l’attuale portale sostituendo oggi l’antica porta del borgo. Importanti sono stati gli interventi di ristrutturazione eseguiti tra il 1713 ed il 1730 per volere di Gaetano Sforza-Cesarini. E’ stato aggiunto un nuovo corpo di fabbrica in direzione del lago, per creare simmetricità con il portale, e l’edificio è stato alzato di un piano su progetto degli architetti romani Ludovico Gregoriani ed il figlio Domenico. La facciata, sul modello del Palazzo Farnese di Roma, appare slanciata ed imponente, divisa in due ordini, con finestre che decrescono verso l’esterno. Questa particolarità, frutto di studi prospettici, crea un effetto ottico che curva la facciata. Inoltre il portale, opera di Domenico Michele Magni, presenta la deformazione degli elementi architettonici, quali i capitelli.

PARCO SFORZA-CESARINI
Il giardino ottocentesco è stato edificato per volere del duca Lorenzo Sforza Cesarini, in onore della sua consorte Carolina Shirley. Il progetto, opera dell’architetto del Palazzo Augusto Lanciani, ricalca in pieno lo stile romantico. L’incantevole natura che affaccia sul Lago di Nemi, ricca di lecci, sequoie e cedri, è stata ritratta da numerosi artisti del Grand Tour, che hanno realizzato diverse vedute del Parco e del Lago.
All’interno, possiamo ammirare, nell’area delle grotte, una grande vasca che serviva a raccogliere le acque, ed alcuni finti ruderi, come la finestra bifora utilizzata come panchina, tipici del parco romantico del XIX secolo.
Dal 1999 l’intero Parco è stato acquistato dal Comune di Genzano, che ha provveduto ai lavori di ristrutturazione, ed è stato aperto al pubblico dal 2006.

NEMI
Nemi si affaccia dall’alto sul piccolo Lago di Nemi, che viene spesso detto Specchio di Diana. Il fascino di questo paesino di antiche origini ed ancora oggi d’aspetto medievale, con le torri che si specchiano nelle acque azzurre circondate da canneti e da serre di fragole, ha incantato nel corso degli anni poeti e pittori. Anticamente il territorio nemorense apparteneva alla città latina di Aricia e la fitta vegetazione forestale che lo ricopriva interamente era considerata sacra e posta sotto la protezione di Diana, dea dei boschi e della fertilità.

MUSEO DELLE NAVI ROMANE
Il Museo delle Navi Romane di Nemi fu costruito per ospitare gli scafi delle due grandi navi dell’imperatore Caligola, recuperate tra il 1929 e il 1932 sul fondale del Lago di Nemi. Le navi, al tempo ospitavano sontuosi ricevimenti rituali in onore della dea egizia Iside e di quella latina Diana, furono riscoperte sul fondo del lago già nel Medioevo e nel Cinquecento furono oggetto di studi da parte di archeologi interessati. All’interno del museo è da notare il tratto di Via Sacra, che dalla Via Appia, verso Genzano, arriva al Santuario di Diana Nemorense, ricostruito con il basolato originale.

TEMPIO DI DIANA NEMORENSE
Il Tempio di Diana Nemorense di Nemi sorgeva immerso nel bosco, sulle rive del Lago di Nemi. Insieme al tempio di Giove, situato sul Monte Albano, fu il centro della vita religiosa e politica della Lega Latina: un santuario federale, dove si stringevano e rinnovavano alleanze. Il culto venerava Diana, la dea protettrice della caccia e della pesca, patrona dei parti e divinità degli inferi.

ROCCA PRIORA
L’attuale nucleo abitato è considerato da molti storici il luogo dove sorgeva l’antico centro latino di Corbium, che Coriolano occupò nella sua marcia su Roma (486 a.C.). Il nome di Rocca Priora deriverebbe da quello del piccolo nucleo abitato di Castrum Arcis Perjuriae – feudo dei Conti di Tuscolo – che qui sorgeva nell’ XI secolo. Rocca Priora vanta il primato di Comune più alto dei Castelli Romani. Inoltre è senz’altro il paese più freddo del comprensorio, con nevicate ancor oggi abbondanti quasi ogni inverno.

SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA NEVE
La chiesa di Santa Maria della Neve, che risale alla fine del XVI secolo, era originariamente solo una piccola cappella dove viveva un eremita e dove i roccaprioresi pregavano la Vergine per garantirsi ogni anno copiose nevicate. Quella del commercio della neve è stata infatti la maggiore attività economica di Rocca Priora, che ebbe il suo maggiore sviluppo nel Seicento e si protrasse fino alla metà dell’Ottocento. La neve veniva raccolta e conservata in pozzi coperti dal fieno, utilizzati come enormi serbatoi termici; veniva portata con dei carretti a Roma e venduta alle famiglie benestanti.

MONTE COMPATRI
Affacciato sulla Valle dell’Aniene, sorge su di una collina tufacea di origine vulcanica e le sue case sono caratterizzate dall’avere cantine sotterranee scavate nel tufo che formano un’intricata rete di gallerie sotto di esse. Il Comune fu prima possesso dei Conti di Tuscolo, poi venne acquisito dagli Annibaldi, parenti di Innocenzo III; nel 1423 divenne dei Colonna, che vi eressero un Castello ormai sepolto sotto le nuove edificazioni.

CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA
Voluta dal Cardinale Scipione Borghese, nel 1633 la Chiesa venne benedetta dal Vescovo di Camerino Giovanni Altieri, ma venne consacrata solo nel 1773 dal Cardinale Duca di York Vescovo di Tuscolano. La facciata è probabilmente opera di Carlo Rainaldi, invece il transetto, l’abside e la cupola, appartengono al genio Luca Casimini (1876). All’interno dipinti di pregio sono il quadro della Morte di San Francesco e quello della Vergine con Bambino e Santi, attribuiti al Vanni ed al Passignano.

CONVENTO E PINACOTECA DI SAN SILVESTRO
Il Convento dei Padri Carmelitani è posto al di fuori del centro abitato, e costituisce luogo ideale di ritiro spirituale per la tranquillità della natura e del silenzio che lo circonda. All’interno del convento è stata allestita una piccola pinacoteca, retrostante la sagrestia, grazie alle donazioni di privati. Alla collezione, quasi interamente seicentesca, di scuola caravaggesca e manierista, manca l’importante dipinto di Gherardo delle Notti rappresentante San Giuseppe falegname e Gesù bambino, trafugato pochi anni fa.

MONTE PORZIO CATONE
Monte Porzio Catone deve le sue origini alle popolazioni qui rifugiatesi in seguito alla distruzione dell’antica Tusculum, operata dai Romani nel 1191. Il primo riferimento al luogo si trova in un documento di Gregorio III, conte di Tuscolo, che nell’ XI sec. cedette ai Benedettini del Monastero di Montecassino la Chiesa di Sant’Antonino in Monte Porculo.

VILLA MONDRAGONE
Il nome della residenza deriverebbe dal drago rappresentato nello stemma araldico di Papa Gregorio XIII, primo illustre residente della Villa.
Nel 1567 iniziarono i lavori di edificazione del complesso residenziale, commissionati da Marco Sittico Altemps all’architetto Martino Longhi il Vecchio, che ampliò il precedente complesso appartenuto ai consoli Quintili. Subito dopo il Papa Gregorio XIII la utilizzò come residenza fissa e proprio nella Villa fu promulgata la bolla papale Inter Gravissimas, dalla quale derivò il Calendario Gregoriano.

SCAVI ARCHEOLOGICI DI TUSCULUM
Situate in cima ad una collina dalla quale si gode uno splendido panorama verso il mare, le rovine dell’antica Tusculum comprendono resti di epoca romana ed anche di età medievale, i cui scavi sono iniziati ai primi dell’Ottocento e sono poi proseguiti a varie riprese fino ad epoca recente. Tusculum fu una città latina, romana e medievale, rasa poi al suolo nel 1191 dalle truppe civiche romane per aver dato asilo alle milizie di Federico Barbarossa. In epoca romana sulla sommità della collina – oggi segnata da una grande croce in ferro – sorgeva l’Acropoli. Poco più in basso il Foro (I secolo) con il Teatro romano: quest’ultimo costituisce oggi l’edificio meglio conservato dell’intero complesso.

BARCO BORGHESE
Il vasto complesso archeologico costituito da una vasta spianata quadrangolare ornata da una fontana in pietra di tufo e disegnata da un muro di epoca rinascimentale, visibile lungo la strada che congiunge Monte Porzio Catone a Frascati, è tradizionalmente inteso come l’enorme basamento di una villa romana, ma presenta complesse strutture ed elementi ancora in fase di studio.
In epoca romana probabilmente fu possedimento di Agrippina, Nerone e Domiziano. La struttura ha assunto l’attuale aspetto a partire dal 1567, dopo esser divenuta riserva di caccia e giardino all’italiana. È stato proprietà degli Altemps ed in seguito dei Borghese, che lo inglobarono nel Burghesianum. Nel XVII secolo è divenuto tenuta di caccia: il nome Barco indica infatti il recinto per animali selvatici da caccia.

EREMO DI CAMALDOLI
Sorge sulle pendici del Tuscolo, a 550 metri di quota, immerso tra boschi di lecci e castagni, dove anticamente era ubicata l’antica necropoli, come testimonia il ritrovamento di un antico sepolcro romano. Il regime di clausura dei monaci vieta la visita alle donne, ma è possibile acquistare prodotti biologici come miele, vino, olio e frutta coltivati nei loro terreni.
I lavori dell’eremo di San Romualdo sono iniziati nel 1607, ad opera di padre Alessandro Secchi, sul terreno concesso da Papa Paolo V, per dotare i Camaldolesi di una sede vicino Roma. L’ordine infatti era originariamente dislocato unicamente tra l’Emilia Romagna e la Toscana. L’edificio religioso, progettato dal Tarquini, venne completato nel 1611 e consacrato nel 1680.
Nel 1772 la chiesa è stata ricostruita; attualmente presenta una navata e quattro cappelle laterali, due per lato; sull’altare maggiore è raffigurata la “Visione di S. Bartolomeo” di Antiveduto Gramatica del 1620, e nella prima cappella di sinistra “Riposo nella fuga in Egitto” eseguito da Carlo Saraceni nel 1606. All’interno inoltre è possibile ammirare “S. Ippolito carceriere convertito da S. Lorenzo” di Antonio Gherardi, del 1670, e gli stucchi ornamentali attribuiti a Tommaso Righi.
Alla chiesa si affiancano un’infermeria, un refettorio e la foresteria. Al piano superiore si trovano le celle che ospitano i religiosi.

FRASCATI
Frascati non esisteva come nucleo abitato durante il periodo della potenza di Roma, quando il suo territorio era occupato dalla villa patrizia di Lucullo (117 a.C. – 57 a.C.), in seguito acquisita dalla dinastia dei Flavi (69 d.C. – 96 d.C.). Tra il ‘200 ed il ‘300 visse un periodo di forte crescita e sviluppo, fino a divenire meta di scontri tra Cola di Rienzo ed i Colonna nel 1354. In seguito si susseguirono sul territorio diversi feudatari; nel XVI secolo venne ceduta da Papa Giulio II a Marcantonio Colonna I, divenendo residenza del Principe e della moglie Lucrezia della Rovere fino al 1522, anno della sua morte.

VILLA ALDOBRANDINI
Nota anche come Villa Belvedere, è una delle più importanti residenze storiche di Frascati, sia per la posizione elevata e privilegiata, che offre un panorama completo della cittadina, sia per lo splendore degli esterni e degli interni accuratamente progettati. Originariamente la struttura fungeva da villa di rappresentanza ed in seguito alla morte del Cardinale P ietro Aldobrandini passò nelle mani della nipote Olimpia Aldobrandini; nel 1683 venne acquisita da Giovanni Battista Pamphili; nel 1760 divenne possesso dei Borghese, fino a tornare nel 1837 nuovamente nelle mani della famiglia Aldobrandini, che ne sono tuttora i proprietari. All’interno mantiene la bellezza autentica del piano nobile che conserva affreschi del Cavalier d’Arpino con rappresentazioni bibliche; nel salone centrale spiccano il camino monumentale ed il busto in bronzo del Cardinale, opera del maestro Taddeo Landini, immersi tra le decorazioni a parete del pittore Annesio de Barba da Massa Carrara che illustrano la grandezza della casata, e l’Officina di Vulcano ed il Parnaso.
La Villa è proprietà privata della Famiglia Aldobrandini, pertanto l’interno del palazzo è chiuso al pubblico; ma è possibile visitare il parco.

SCUDERIE ALDOBRANDINI
Oggi le Scuderie ospitano una mostra archeologica permanente e sono un importante polo culturale multifunzionale, all’interno del quale si svolgono eventi, performance, rassegne teatrali e di danza.
Al piano terra è presente la collezione archeologica, che vanta reperti di epoca repubblicana ed imperiale fino ad arrivare al Medioevo: epigrafi, iscrizioni, urne, sculture e bassorilievi. Nella sezione storico-artistica sono riproposti dei modelli delle Ville Tuscolane in scala ed in un nicchione sullo sfondo della sala sono esposte sculture che celebrano il mito di Dionisio-Bacco.
Al primo piano è stato realizzato un auditorium in cui si tengono concerti, rappresentazioni teatrali e vari eventi artistici e culturali.
Le Scuderie Aldobrandini sono aperte al pubblico.

CHIESA DI SAN PIETRO
Fu commissionata da Clemente VIII Aldobrandini, che affidò il progetto all’architetto Ottaviano Nonni, detto il Mascherino, che predilesse la pianta a croce greca suddivisa in tre navate e dotata di otto altari. La facciata in perfetto stile barocco è opera di Girolamo Fontana, costruita in pietra sperone e travertino a due ordini sovrapposti; il portone centrale è arricchito da un altorilievo di Bernardino Cametti, raffigurante Gesù che rimprovera San Pietro.
All’interno è possibile ammirare: un crocifisso ligneo (XI-XII secolo); un crocifisso in bronzo che ne contiene un altro in legno donato da Papa Pio IV al Cardinale Vescovo Enrico Stuart Duca di York; decorazioni di Annibale Angelini nella prima cappella della navata sinistra; ed alle spalle della cattedra episcopale la “Consegna delle chiavi”, un altorilievo in marmo di Pompeo Ferrucci.

PALAZZO VESCOVILE
Il Palazzo è sede della Diocesi Tuscolana, ed occupa il posto dov’era collocata originariamente la rocca attorno a cui si è sviluppato il nucleo abitato. Venne edificato sotto il pontificato di Papa Pio II Piccolomini (1458-64) e completato, alla fine del XV secolo, dal cardinale Guglielmo d’Estouteville.
Nel 1471 venne donato ai Vescovi titolari della Diocesi Suburbicaria di Frascati dal Pontefice Paolo III Farnese. Il massiccio edificio rettangolare, costruito nella locale pietra sperone, è caratterizzato da due torri quadrate ed una circolare. All’interno un porticato sorretto da pilastri, delimita un cortile centrale.

VILLA FALCONIERI
Nota anche come “La Rufina”, è stata la prima villa edificata a Frascati (1540-1550), per volere di Alessandro Ruffini (o Rufini), Vescovo di Melfi. La sua storia è caratterizzata da innumerevoli passaggi di proprietà, come, pochi anni dopo essere stata costruita, passò al padre di Beatrice Cenci – Francesco – e poco dopo venne acquistata dal Cardinale Alessandro Sforza. Ebbe ancora vari proprietari tra i quali i Gonzaga, fino ad Orazio Falconieri ed al figlio Francesco, che la trasformò completamente.
Al termine del primo conflitto mondiale venne confiscata dal Governo, tra il 1925 ed il 1928 venne adibita a sede della Direzione di Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, utilizzata per un breve periodo dal Ministero degli Esteri, passò all’Istituto Internazionale di Cinematografia Educativa fino al 1941, anno in cui venne ceduta al Ministero dell’Aeronautica. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu occupata dalle truppe tedesche del Generale Kesselring. La Villa si trova sul percorso di trekking da Frascati al Tuscolo.

VILLA LANCELLOTTI
La Villa ha avuto un’origine diversa dalle altre residenze storiche della zona: fu grazie al sostegno di Filippo Neri – il futuro Santo – che i Padri Oratoriani iniziarono i lavori per realizzare una semplice casa di accoglienza per i confratelli malati, all’incirca nel 1582. Inizialmente l’edificio aveva dimensioni e struttura semplici, successivamente, grazie all’annessioni di terreni limitrofi, la residenza divenne un organismo produttivo circondato da vigne, tanto che nel 1591 venne definita magna domus. L’ampliamento simmetrico delle ali rispettò il modello architettonico originario, tra il 1617 ed il 1619 venne costruito il ninfeo seguendo il modello del Teatro delle Acque di Villa Mondragone. La facciata venne ristrutturata nel 1764 con l’aggiunta di una scala a due rampe. L’ultima fase di lavori, sotto i Lancellotti, riguardò le pitture interne ed arricchì la Villa con la costruzione di una terrazza panoramica affacciata verso Roma.

VILLA TORLONIA
La Villa si trova a pochi passi dal centro storico, immersa nell’attuale Parco Comunale. Originariamente era un piccolo podere, concesso nel 1563 dall’Abbazia di Grottaferrata al drammaturgo Annibal Caro, per un canone annuo di quattro scudi: il letterato costruì sul terreno una piccola residenza che chiamò Caravilla e qui ultimò la traduzione dell’Eneide.
In seguito alla sua morte nel 1566, gli eredi la cedettero al Cardinale Tolomeo Galli che fece edificare un nuovo stabile. Nel 1607 la Villa venne venduta al Cardinale Scipione Borghese che la ristrutturò grazie al fantastico lavoro dei maestri Giovanni Fontana, Carlo Maderno e Flaminio Ponzio, che realizzarono il sistema di fontane e progettarono l’acquedotto per alimentarle, arricchendo il parco con i fantastici giochi prodotti dalla commistione tra acqua e natura. In seguito la Villa è divenuta proprietà di diverse famiglie, tra i quali gli Altemps, i Colonna, gli Sforza ed infine i Torlonia.

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